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lunedì 19 dicembre 2011

Felicità è...

...svegliarsi alla mattina e fare il giro della casa in braccio a mamma o papà.
...ritrovare il pupazzo Cocci nella culla dopo due giorni di assenza perchè mamma l'ha lavato.
...la crema Fissan dopo il cambio del pannolino.
...buttare giù le palline dall'albero di Natale.
...andare in braccio alla mamma prima della pappa.
...addormentarsi col ciuccio in bocca.
...il seggiolone al tavolo di mamma e papà che cenano.
...il ruttone dopo la pappa.
...giocare con Winnie The Pooh nella palestrina.
...guardare il mondo dal sedile del passeggero della macchina di mamma.
...il bagnetto tiepido.
...sbirciare la televisione quando mamma e papà non se ne accorgono.
...succhiare il collo di papà domandandosi perchè non esce latte.
...fare ginnastica con la mamma.
...i complimenti delle cassiere dell'Ipercoop
...dormire avvolti nella maglietta di papà
...riuscire finalmente ad afferrare il palloncino rosso!

lunedì 26 settembre 2011

Lessico Famigliare

Rubo il titolo ad un vecchio romanzo di Natalia Ginzburg e quindi mi devo tenere quel gruppo gl di famigliare, che un po' mi fa accapponare la pelle, (come 'obbiettivo') ma tant'è...

Il fatto è che la nascita della piccola ha introdotto in famiglia dei neologismi che varrebbe la pena di sottoporre all'Accademia della Crusca... Così, giusto per vedere la faccia che fanno.

Vado ad elencarli, in ordine sparso.

Caccafionda ['kakkafjonda] (s. f.)
(etim) Probabile contrazione di cacca-a-fionda.
Materia fecale espulsa violentemente ed in quantità copiosa, che tracimando dal pannolino arriva a sporcare mutandine, body, vestitino, jeans della mamma, divano, sedili dell'auto ed in un caso particolarmente vigoroso, la parete di casa di fianco al fasciatoio.

Ruttinare ['rutti'nare] (vtr)
Prendere in braccio la piccola subito dopo la poppata dandole delle leggere pacche sulla schiena, in modo da ottenere il caratteristico rumore che indica l'inizio della digestione e che dovrebbe evitare i rigurgiti di latte.
Es. "Ha finito di mangiare? Passamela che la ruttino io" "L'hai già ruttinata? Posso metterla a letto?"

Trottolizia ['trɔttolitsja] (s.f.)
(etim) Incerta. Probabile derivazione di trottola.
E' uno dei numerosi sinonimi della piccola e deriva probabilmente dalla sua abitudine di mulinare incessantemente braccia e gambe per dimostrare non importa quale emozione.

Ciuccioblandire ['ʧutʧoblan'dire] (vtr)
Cercare, il più delle volte invano, di calmare il pianto disperato della piccola tramite l'utilizzo di un succhiotto in attesa che arrivi l'ora della poppata. 
Es. "Mancano ancora dieci minuti. Passamela che provo a ciucccioblandirla io"

mercoledì 17 agosto 2011

Aho', fa ride'!...

Questa frase è il commento che un mio amico romano (o meglio, latinense) fece qualche anno fa alla prima settimana di vita di sua figlia. E adesso, che Giulia è finalmente arrivata e che è con noi da undici giorni, capisco prefettamente cosa volesse dire.
Guardarla domire, mangiare, agitarsi, è meglio che qualsiasi numero di Zelig: la velocità con la quale le espressioni più disparate e contrastanti attraversano il suo faccino è qualcosa di comicamente indescrivibile. Si passa dalla disperazione più nera se il latte della mamma tarda anche solo di tre secondi alla beatitudine più assoluta non appena si riesce ad acchiappare l'elusivo capezzolo, fonte di ogni bendidio; dalla concentrazione corrucciata con mulinare di braccia al momento della cacca al rilassamento totale con espressione soddisfatta due secondi dopo; dal sonno più profondo e silenzioso al risveglio affamato a 120 decibel.

Sì, Giulia fa ridere. Non fa dormire, fa preoccupare (oddio, si è stiracchiata durante il sonno... sarà normale?), fa cambiare tutti i piani, ma fa tanto, tanto ridere.

E non è ancora minimamente interattiva.



giovedì 21 luglio 2011

Terremoto

Domenica 17 luglio, ore 20.30 circa. Gambe sotto il tavolo sto affrontando un impegnativo piatto di pasta fredda, quando un tremore improvviso mi sposta piatto e bicchiere di cinque centimetri buoni.

"L'hai sentito?" chiedo a mia moglie.
"Sentito cosa?" risponde lei, sollevando lo sguardo dal tristissimo tortino agli spinaci ipocalorico e iposodico che la dieta ferrea che sta seguendo le permette.
"Il terremoto." faccio io, alzandomi ed andando alla finestra. Non sono un grande esperto di terremoti, ma mi ricordo quello del Friuli del 1976. Allora, il lampadario della cucina ondeggiava come un'altalena, nonostante vivessi al primo piano. Oggi, al sesto, non si muove una foglia. Quindi, o è stato di lieve entità o l'epicentro è lontanissimo, o entrambe le cose.
"Ah, quello? Sì l'ho sentito ma non ti ho detto niente, pensavo fosse la mia pressione ballerina... Sai com'è, in questi giorni mi capita spesso che la stanza mi giri intorno". 

Perfetto. Una moglie incinta al nono mese dallo svenimento facile e un terremoto. Mancano giusto giusto le locuste e poi abbiamo fatto l'en plein.

Vabbè, vediamo se la tv ci dice qualcosa. Rai1, no, c'è una replica del Festival di Sanremo del 1954, Rai2 nemmeno, c'è l'ispettore Derrick, Mediaset non ci proviamo neanche, al limite c'è Fede che insulta i comunisti, forse Sky TG 24? Nemmeno, troppo impegnati con il carospiaggia e con la campagna acquisti dell'Inter.

Ok, calma. Come risolverebbe il problema una nativa digitale? Facile. Internet, Facebook e Twitter. Ed in effetti, in pochi secondi, una visita al sito dell'istituto di geofisica e vulcanologia ed una rapida ricerca per l'hashtag #terremoto confermano che sì, c'è stata una scossa sismica nel rovigino, tanto lieve da non aver provocato danni a persone o cose.


Niente di cui preoccuparsi insomma, non dobbiamo dormire in strada questa notte. Peccato che i media tradizionali, anche quelli più orientati alle notizie, comunichino il terremoto solo tre/quattro ore dopo.


Il mondo è cambiato ragazzi. Giulia ci avrebbe pensato subito, ad internet, io ci sono arrivato per esclusione. Mio padre, probabilmente, avrà letto la notizia il mattino dopo sul Corriere della Sera.


Sarà complicato imparare a pensare come una nativa digitale. Ma sarà anche bellissimo.

mercoledì 13 luglio 2011

Braxton Hicks

Chi era costui?

Il signor (o meglio: il dottor) Braxton Hicks era un medico inglese che nel 1872, studiando l'ultimo trimestre di gravidanza, identificò in parecchie donne quelle che definì "false contrazioni", e che oggi, appunto, si chiamano anche contrazioni di Braxton Hicks.

Bene. Bello. Oggi ho imparato qualcosa. E chissenefrega non vogliamo dirlo?

No, non vogliamo, perchè le suddette contrazioni, la cui intensità varia da donna a donna (alcune non le avvertono nemmeno, altre le avvertono, eccome se le avvertono...) sono quelle che ti fanno saltare giù dal letto in piena notte un mesetto buono prima del termine e afferrare alla cieca la valigia per l'ospedale.

Poi però ti ricordi vagamente (sono le quattro del mattino ed è vero che ti sei alzato, ma alzarsi e svegliarsi sono due concetti abbastanza diversi tra loro) di aver letto da qualche parte che in ospedale ci si va solo quando le contrazioni si susseguono ogni 10 minuti ed hanno una durata di 40-50 secondi ciascuna. Se ci vai prima ti rispediscono a casa di corsa ed è possibile che parta anche qualche coretto di scherno.

Quindi la tua mente ancora annebbiata ferma il movimento delle gambe che, da sole, stanno conducendo tutto il corpo (valigia compresa) verso la porta di casa ed inizia a riflettere su come fare a determinare durata e frequenza della contrazoni. 

Una cosa decisamente da non fare in questi casi è sorridere e chiedere alla tua compagna/moglie, raggomitolata sul letto in posizione fetale "Tesoro, scusa, da quanti secondi sei contratta?". La poveraccia,  che sta cercando di decidere se le fa più male la schiena, la pancia o se è più preoccupata dell'imminente parto, potrebbe rispondere in modo non propriamente urbano, insultando te ed allargando in pochi secondi l'invettiva a tutto il genere maschile.

Il geekpapà, che pensa a tutto, ha pronta un'app anche per questa evenienza: ibirth, che aldilà dell'approccio molto New Age contiene un utilissimo contatore di contrazioni, in grado di riassumere durata e frequenza in un comodissimo grafico da mostrare al dottore non appena arrivati in ospedale.

Continuo a chiedermi come abbia fatto l'umanità ad evolversi prima di questi gioiellini...


lunedì 11 luglio 2011

Manca un mese...

Oggi manca un mese alla data presunta di nascita di Giulia. Il che, in altri termini, significa che ogni giorno è buono. Ogni telefonata potrebbe essere quella che mi scaraventa in auto in direzione dell'ospedale, conscio del fatto che correre non serve a niente, visto che in genere per la nascita del primo figlio si aspettano fino a ventiquattro ore, ma incapace lo stesso di prendermela comoda.

La valigia per l'ospedale è pronta, il percorso casa-clinica (non molto distanti per la verità) è già stato lungamente provato in allenamento e in ogni condizione di traffico, passeggino e culletta aspettano dal ripostiglio di entrare in scena.

Quindi, sono pronto? Assolutamente no. Un po' per scaramanzia, un po' per incoscienza, non riesco a rendermi conto che tra qualche settimana ci troveremo in casa un esserino indifeso e totalmente dipendente da noi, che arriverà sprovvisto di manuale d'istruzioni.  

E' vero, non siamo i primi genitori della storia, qualcuno l'ha già fatto prima di noi, ma fifa e senso di responsabilità iniziano a mescolarsi, alimentandosi vicendevolmente.

Visto che Giulia avrà un geekpapà, per cercare di ricondurre l'ignoto a qualcosa che conosco molto bene, mentre mamma e nonna si dilettavano in copertine, tutine e vestitini ricamati, sono andato alla caccia di qualche baby oriented app per il mio fido Iphone, e ne ho scovata una che non vedo l'ora di usare: Totalbaby, che permette di registrare e gestire una serie quasi infinita di parametri: poppate, periodi di sonno/veglia, bagnetti, cambio pannolini ecc.

Certo, il classico quadernetto con gli appunti presi a mano è molto più romantico, ma quale miglior inizio per una nativa digitale?
 

mercoledì 6 luglio 2011

Sembra Ieri

Sembra ieri. Sembra ieri che, tornato a casa da una normale giornata di lavoro, ho trovato mia moglie, in accappatoio, capelli bagnati e spettinati, un'espressione a metà tra il felice ed il terrorizzato.
"Di là c'è un termometro che dice una cosa...", mi dice senza nemmeno salutare.
"Hai la febbre?" La mia risposta. Una risposta da vero maschio, che fa della logica il primo scoglio al quale aggrapparsi e collega termometro a febbre. Una risposta di buon senso, insomma.

Ma, ovviamente, una risposta sbagliata.

Il termometro in realtà era un test di gravidanza, e la cosa che diceva era che di lì a nove mesi (pardon, quaranta settimane, come ho avuto modo di apprendere successivamente) saremmo diventati genitori.

Da allora sono passati quasi otto mesi, ed il momento fatidico si avvicina. La picola Giulia dovrebbe arrivare a metà agosto, anche se ormai ogni giorno è buono, ed io mi sono reso conto di un po' di cose.

Mia figlia avrà la possibilità di vedere il 2100, che per me è una data da film di fantascienza, ma fantascienza pesante, tipo Star Trek, con viaggi interstellari, smaterializzazione e velocità curvatura.

D'altro canto non conoscerà mai l'odore che ha il vinile di un LP (sigla di cui ignorerà totalmente il significato) appena acquistato, non infilerà mai un ditino in una rotella di un telefono ad impulso, non abbasserà mai il finestrino di un'auto girando la manovella, non si perderà mai in una strada di campagna per aver sbagliato a leggere una cartina.

Giulia guiderà auto elettriche, abiterà in un mondo di case domotiche con enormi schermi 3D perennemente collegati al mondo grazie a connessioni internet a banda larghissima ed andrà a scuola col tablet nella cartella.

Il suo mondo sarà un mondo iperconnesso, pieno zeppo di dati, di informazioni, di stimoli.


Giulia sarà una nativa digitale.