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giovedì 24 settembre 2015

Actors Studio

Il talento è talento, non c'è niente da dire.

C'è chi è bravo a disegnare, chi a scrivere musica. C'è chi canta meravigliosamente e chi sa cucinare piatti deliziosi. Chi gioca bene a calcio, chi nuota come un delfino.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il talento di Giulia risiede nella sue capacità di recitazione. E non sto parlando di quando nei suoi giochi finge di essere Cenerentola, Merida o la Dottoressa Peluche. Intendo la capacità di alterare la percezione della realtà di chi la sta attorno con comportamenti ed emozioni artefatte, ovviamente per ottenere qualcosa.

Piccola premessa: già prima della nascita di Trottols, io e mia moglie abbiamo deciso che non l'avremmo picchiata. Mai. In nessun caso. Nemmeno uno sculaccione simbolico. Finora abbiamo rispettato la promessa, anche se qualche volta è stato veramente difficile.

Atto I
Una sera dell'inverno scorso, durante la consueta negoziazione per la messa a letto, Trottols si impunta e decide che quella sera a nanna non ci vuole proprio andare. Non serve cercare di convincerla, inutile minacciarla: ha deciso che vuole vedere la partita sul divano con papà. Decido di ricorrere all'estrema minaccia: faccio la faccia cattiva, la guardo negli occhi ed esclamo: "Giulia, adesso conto fino a tre. Se al tre non sei andata nella tua cameretta ti metto in castigo. Uno..." "No, papà, no, nanne no! Partita! Milan alè! Juve bleah!" Soffoco a stento un sorriso, conscio che in certi frangenti non si può e non si deve mollare. "...DUE..."
Trottols mi guarda, cercando di capire se andrò fino in fondo. Quando si convince che il rischio del castigo è più che concreto scoppia improvvisamente in un pianto dirotto, salta giù dal divano e corre a perdificato verso sua madre che sta riposando, esausta, in camera da letto. "Mammmaaaaaa!!! MAMMMAAAAA!!!! MAAAAAAAMMMMMMAAAAAAA!!!!!"
"Cosa c'è Giulia?"
"Papà.... Mi ha picchiato! Qui!", urla a voce altissima il diavoletto indicandosi la spalla e continuando a piangere coi lacrimoni e singhiozzi.

Mi cade la mascella.

"Giulia, ma sei impazzita? Non è vero, non ti ho nemmeno sfiorata!"
"Non sono 'pazzita! Mammaaaaa, papà mi ha picchiato! Qui! Posso stare un po' con te nel lettone?"

Sipario

Atto II
Agosto scorso, Marina di Carrara, sera. Per concludere una giornata di mare ed una pizza decidiamo di andare a fare una passeggiata sul molo prima di andare a dormire. Giulia ovviamente non è d'accordo: vuole restare in piazza a giocare sullo scivolo. Dopo una buona mezz'ora di gioco decidiamo di imporci e ci avviamo verso il molo. Il diavoletto ci segue di malavoglia, lamentandosi con Papo di quanto siano cattivi i suoi genitori. Evidentemente Papo le dà ragione, perchè arrivati a metà del molo, in mezzo alla folla, Giulia inizia a fare il capriccio della vita (evento abbastanza infrequente ad essere onesti) urlando a gran voce che vuole tornare sullo scivolo.
Visto che la testa di più di un passante sta iniziando a voltarsi verso quella che sembra essere una bionda bimba dolcissima vessata da due genitori mostri, scatta il castigo, senza nemmeno il conto fino a tre anticipatorio:
"GIULIA! Adesso basta! Niente molo e niente scivolo, torniamo subito a casa!"
Momento di silenzio. Giulia ci guarda con lo sgomento dipinto sul volto. Due secondi per elaborare la strategia, altri due per gonfiare bene i polmoni d'aria e...
"NOOOOOO!!!!  A CASAA NOOOOOO!!!! Papà, dammi le botte! Dammi le botte, ma a casa NOOOOO!!!"
Con la coda dell'occhio noto che i passanti stanno rallentando il ritmo della passeggiata, tendono l'orecchio ed alcuni hanno messo mano al cellulare, non sia mai ci scappi un video da mandare al Telefono Azzurro. Cerco di contenere il danno, parlando a voce innaturalmente alta a beneficio degli astanti.
"Giulia, ma cosa dici! Non ti abbiamo mai dato le botte e non cominceremo certo stasera (capito gente? Questa frase è per voi! Mettete pure via i cellulari). Sai che se ti comporti male perdi i tuoi privilegi e visto che questa sera hai fatto la monella, mamma e papà hanno deciso che si torna a casa."
"NOOOO!!! A casa noooooo! Dammi le botte! (sottinteso per chi guarda: come fai di solito) Ecco! Me le do io!" E a queste parole Trottols inizia a prendersi goffamente a pugni in testa.
Stavolta le mascelle che cadono sono due. Io e mia moglie ci guardiamo sbalorditi e sotto gli sguardi di disapprovazione della piccola folla che si è nel frattempo riunita, decidiamo per un ripiegamento strategico, che sa tanto di fuga con la coda tra le gambe. Con tutta la delicatezza del mondo prendo in braccio il diavoletto piangente che si dimena e finge di picchiarsi sulla testa, mia moglie afferra il nuovopattino e ci dileguiamo nella notte, consci di aver contribuito ai pettegolezzi dei prossimi due giorni.

Sipario.

mercoledì 9 settembre 2015

Il Re è Nudo

Il candore dei bambini è illimitato. Alcuni dei loro concetti, che se espressi da un adulto gli varrebbero nel migliore dei casi un'accusa di "political incorrectness" e nel peggiore sei mesi di daspo, perdono carica negativa e valore di giudizio e, uniti alla naturalezza con cui spesso vengono pronunciati, finiscono per essere momenti involontari di comicità irrefrenabile.

In occasione dell'Expo abbiamo ricevuto la visita di Maristella, la figlia ventenne di una zia di mia moglie e di suo fratello diciottenne Glaucio, un brasiliano adottato quando ne aveva due. Inevitabile, proprio per il candore bambinesco, pensare a tutte le domande "scomode" che Trottolizia avrebbe potuto fare, relativamente alla mamma "di pancia" di Glaucio o del perchè i suoi altri fratelli (adottati da altre famiglie italiane) non vivessero con lui, e cercare di disinnescarle con un minimo di preparazione nei giorni precedenti.

Preoccupazione rivelatasi inutile, dal momento che all'arrivo dei due ospiti Trottols si mostra molto più attenta ai regalini e soprattutto all'altezza del tacco delle scarpe di Maristella che a qualsiasi altra cosa. La cena fila via senza domande difficili, così come il successivo giretto al parco per un gelato. Al momento del rientro a casa apro la porta e invito i due ospiti ad entrare, prima di accendere la luce. All'improvviso, da dietro, giunge chiara e squillante la vocina di Trottols: "Glaucio, certo che a te al buio non ti si vede proprio!"

Candore, appunto.

giovedì 3 settembre 2015

Assassin's Creed

 

Lo so, sono un padre degenere.

Mi piacciono i videogiochi, fin da quando ero piccolo. Sono cresciuto bruciandomi la paghetta settimanale per distruggere l'astronave madre di Space Invaders, prendendo a testate tartarughe, granchi e falene in Mario Bros e cercando disperatamente di salvare Sylvia a pugni e calci volanti in Kung-Fu Master. Questa passione non mi ha mai abbandonato, tanto che ancora oggi, a fine giornata, mi concedo spesso una mezz'oretta di PS4, alternando sparatutto in terza persona come GTA o Hitman a giochi di ruolo, comunque basati sull'azione come Skyrim. Caratteristica comune di questi giochi è di avere una classificazione PEGI 18 (d'altronde io i 18 li ho passati da un po'), per violenza e turpiloquio.
In queste settimane mi sto dedicando all'ultimo capitolo di una saga che mi appassiona da qualche anno, Assassin's Creed: Unity, un gioco nel quale si impersonifica un Assassino, che fa quello che fanno tutti gli assassini: va in giro (in questo caso per Parigi ai tempi della Rivoluzione Francese) ad ammazzare la gente cercando di non farsi scoprire.

Un giorno Giulia mi ha sorpreso davanti alla PS4 e al grido di "che bel cartone" ha passato il successivo quarto d'ora rapita mentre io esploravo Parigi mostrandole Notre Dame, la Conciergerie ed il Pantheon. Da allora "guardare papà che gioca al gioco del cavaliere" è diventato uno dei passatempi preferiti della piccola, e sono cominciati i guai. Infatti, ogni volta che il personaggio urta inavvertitamente qualche altro personaggio, viene apostrofato con amichevoli frasi quali "coglione, guarda dove vai!" oppure "stronzo, ti ammazzo!", il che, come è facile immaginare, è fonte di ilarità incontrollata per la piccola. Ovviamente le ho spiegato che i tati del gioco sono dei monelli e che non deve ripetere quello che sente, ma non l'ho vista molto convinta.

E comunque, il peggio doveva ancora venire.

Infatti, dopo essersi limitata a guardare per qualche tempo, Trottolizia mi ha chiesto di poter "andare a fare una passeggiata col cavaliere". Detto, fatto: le ho messo in mano il joypad e l'ho guardata, col cuore gonfio di orgoglio paterno, cercare goffamente di dirigere il personaggio lungo le strade di Parigi. Finchè è rimasta in un vicolo deserto  tutto bene, ma dopo circa tre secondi e mezzo dal suo ingresso nella piazza antistante Notre Dame gremita di gente, ha urtato un passante che l'ha insultata, ha sguainato la spada e l'ha uccisa. Conscia del fatto che la coordinazione necessaria per il combattimento è ancora troppo per la sua età, da allora il diavoletto biondo punta un passante, lo travolge volontariamente e poi mi passa il joypad ridendo al grido di "papà, aiuto!". Io cerco di fuggire e, se non ce la faccio, affronto il nemico. Poi le ripasso il joypad e lei punta da lontano un altro passante...
Pensavo che aver creato un piccolo bullo, sebbene virtuale, rappresentasse il punto più basso della mia carriera genitoriale quando Trottols ha scoperto che i passanti, vivi o morti, possono essere derubati. Da allora, quando mi passa il joypad, mi incita: "Papà, non scappare, uccidilo, così poi vediamo cos'ha in tasca!"

Quattro anni, bulla e sciacalla.

Come dicevo, sono un padre degenere.

Ma anche un po' orgoglioso...