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venerdì 19 giugno 2015

Papà, mi insegni a scrivere?

Da quando Trottols ha coscienza di sè ha dichiarato al mondo che lei da grande farà la dottoressa. Noi non capiamo bene perchè, dal momento che la piccola non è mai venuta in contatto con dei dottori se non per le (fortunatamente poche) visite di controllo, ma, sebbene la professione medica non sia esattamente nella mia top ten, anzi, venga appena prima del social media content manager e del lucidatore di ottoni, abbiamo sempre incoraggiato questa sua passione, sperando che si affievolisse nel tempo a favore, che so, dell'astronauta o della ballerina di flamenco.

Niente da fare.

A Natale scorso la prima richiesta è stata Cicciobello Bua, che ci ha allietato per settimane con la sua febbre ed i suoi fastidiosissimi pianti registrati. A Carnevale Trottols è andata in giro per una settimana con occhiali finti, stetoscopio di plastica e camice bianco visitando chiunque le capitasse a tiro: bambolotti, peluches, cane del vicino e, naturalmente, mamma e papà.

Fin qui, comunque, tutto nella norma. Ciò che proprio normale non mi sembra, è che nel Trottodizionario inglese che stiamo costruendo sera dopo sera (eh, sì, perchè Trottols per addormentarsi non vuole una favola: pretende che le si leggano quattro pagine di un libro illustrato con parole in inglese) i termini medici sono preponderanti. Ormai padroneggiamo con noncuranza gauze, disinfectant e plaster, anche se non abbiamo mai visto una radiografia sappiamo pronunciare perfettamente X-ray ed oggetti come  stethoscope ed ambulance non hanno più segreti.

Il prossimo passo sarà insegnarle a pronuciare sfigmomanometro.
    
Visto che si sta avvicinando il suo quarto compleanno, il piccolo diavoletto biondo ha palesato le sue numerose e fortunatamente bambinesche richieste di regali: ad oggi vuole, nell'ordine, la casa di Calimero, un puzzle delle Principesse Disney ed un pupazzo di Frozen. L'altra sera abbiamo cercato di ridurre il numero di regali ad una quantità ragionevole, con dei risultati abbastanza inattesi.
"Allora Trottols, cosa vuoi per il tuo compleanno?"
"La casa di Calimero!"
"Va bene. Allora quella te la regalano mamma e papà. E dai nonni cosa vuoi?"
"Voglio... Vorrei un libro." (già che ci siamo farei notare con piacere l'utilizzo della forma attenuata 'vorrei', visto che a Trottols abbiamo insegnato che 'voglio' non si dice...)
"Un libro? Mi sembra un'ottima idea. Che libro vuoi?"
"Un libro sul cervello."
"Cosa te ne fai di un libro sul cervello?"
"Un libro sul cervello in inglese."
"..." (momento di mutismo provocato da un comprensibile sgomento)
"Spiegami Trottols, perchè in inglese? E perchè sul cervello?"
"Papà, perchè se non so le parole come faccio a parlare con le dottoresse americane?" 

Sabato mattina, mamma al lavoro, Trottols gioca assorta col Play Doh sul tavolo della cucina, papà in sala combatte col calcolo di IMU, TARI, TASI e chi più ne ha (di immobili) più ne metta (di soldi di tasse). Improvvisamente un rumore di passi mi allerta del fatto che il Play Doh ha esaurito il suo potere ipnotizzante e che Trottols è alla ricerca di nuovi stimoli. Chiudo fulmineo i files e me la trovo davanti, pennarello in una mano e quadernetto nell'altra.
"Papà, mi aiuti?"
"Certo, Trottols, a fare cosa?"
"Perchè lo zero lo so fare, è come la O, ma mi aiuti a fare l'uno?"
"Certo Giulia, l'uno si fa così. Lo mettiamo a sinistra dello zero?"
"Abbiamo fatto dieci?"
"Sì, abbiamo fatto dieci."
"Allora, papà, devi prendere la medicina per dieci giorni" dice la microdottoressa strappando il foglio dal quadernetto e allungandomelo.

Dieci minuti dopo, stesso rumore di piedi, stesso diabolico faccino sorridente, stesso quadernetto e stesso pennarello.
"Papà,"
"Dimmi Trottols."
"Mi insegni a scrivere? Se no come faccio con le ricette?"

venerdì 5 giugno 2015

La festa di fine anno

La festa di fine anno dell'asilo, quando all'asilo ci andavo io, si svolgeva più o meno così: una settimana prima della fine della scuola la maestra (all'epoca ce n'era solo una per classe) ci insegnava una canzoncina di una strofa sul vecchio West, composta da parole lunghe al massimo tre sillabe. Il pomeriggio dell'ultimo giorno di asilo, due minuti prima dell'uscita, ci legava un fazzoletto al collo e ci diceva che eravamo diventati dei cowboys, oppure ci dipingeva due strisce nere sotto gli occhi con un turacciolo bruciato per trasformarci in indiani. La classe saliva sul palco allestito in palestra, si cantava la canzoncina davanti ai genitori estasiati e si tornava tutti a casa.

Ecco, da allora le cose sono un po' cambiate.

La preparazione della festa di fine anno della scuola di Trottols è iniziata a Febbraio, quando è stato presentato il programma dell'ultimo trimestre, incentrato sul libro di Luis Sepùlveda Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Per un po' Trottols è tornata a casa affermando "Oggi a scuola ci siamo vestiti da Colonnello, coi baffi", il che, unito ad una preoccupante abilità della piccola nel Passo del Leopardo mi ha fatto più volte domandare se ogni mattina portassi effettivamente mia figlia in un istituto cattolico e non piuttosto in una madrassa in cui si addestravano le future reclute dell'Isis... Quando, nelle settimane successive, la piccola ha iniziato a menzionare Zorba, Diderot e Segretario, grazie ad una visita a Wikipedia ho capito e mi sono tranquilizzato.
Nel frattempo le settimane passsano e sentiamo Trottols affermare di essere oggi un pesciolino, domani una gabbianella, dopodomani una pescivendola. La sera prima di dormire, nel suo lettino, quando crede di non essere sentita dai genitori, ripete strofe di canzoni assortite, ed a noi ignote, al fido Papo.
All'approssimarsi del giorno fatidico, dalle maestre ci arrivano le richieste più strane: bottiglie vuote, barattoli, appendiabiti in ferro, giubbini con catarifrangenti tipo quelli che si devono tenere in macchina, l'invito a portare maglietta e pantaloncini di un colore ben specificato e differente a seconda dei bimbi. Contemporaneamente Trottols, che ha evidentemente ricevuto precise istruzioni, si chiude nel riserbo più assoluto relativamente allo spettacolo, rispondendo alle domande sulla festa con nome, grado, numero di matricola e la frase "E' un segretooooooo!!!!"

Il pomeriggio della festa splende il sole e come tutti i genitori, alle 15.30 ci presentiamo di fronte al portone della scuola, convinti di assistere, ciascuno nella classe di suo figlio, ad una breve performance. Che le cose non andranno esattamente così lo capiamo nel momento in cui, un metro dopo la soglia veniamo intercettati da un gruppo di genitori che, cartellino del servizio d'ordine al collo e espressione degna dei più accesi Katanga, ci indirizzano verso la tensostruttura che dalla sera prima fa bella mostra di sè nel cortile.

All'interno della tensostruttura l'atmosfera è da finale di Coppa del Mondo di Calcio.
In Brasile.
A mezzogiorno.



Non solo per i 45 gradi (vi ricordate che splendeva il sole? Ecco, un enorme pallone di gomma riscaldato arriva tranquillamente a questa temperatura), ma per la straordinaria quantità di genitori e nonni assiepati a semicerchio intorno ad un'area di almeno 100 metri quadrati delimitata da nastro biancorosso, che funge da palcoscenico, che uno così non ce l'avevano nemmeno gli U2 ai tempi d'oro.
Il pubblico è allineato su quattro file: seduti per terra, seduti sulle panche, in piedi, in piedi sulle panche. Si sgomita pesantemente per raggiungere la posizione che permette le migliori foto (rigorosamente con flash, sembra di essere sul Red Carpet la sera degli oscar) e riprese video. E poco importa che il palco sia ancora assolutamente vuoto.
Ad un segnale convenuto i bimbi entrano in scena dalle quinte, divisi per gruppi: gabbianelle con ali fatte di carta velina e grucce di ferro, spazzini con gilet ad alta visibilità, pesciolini vestiti di rosso, gatti in calzamaglia nera ed un trucco degno di Diego Dalla Palma.
Per l'ora e mezza successiva assistiamo ad uno spettacolo che sta a metà tra il musical ed il saggio di ginnastica, con i bimbi concentrati (sì, ma anche sorridenti, eccitati e divertiti) che saltano nei cerchi e fanno le capriole a tempo di musica, replicando gli esercizi di psicomotricità imparati nei mesi precedenti. Il gran finale è una delle maestre - la gabbianella che ha imparato a volare - che si libra legata ad un trapezio circense a cinque meri da terra, tra gli applausi scroscianti del pubblico.

Chapeau.

Ah, ti rendi conto di essere inequivocabilmente invecchiato quando un amico ti telefona eccitato affermando di avere due pass per il backstage del concerto di Radio Italia in Piazza Duomo dove si esibirà Ligabue, e sei costretto a rispondere che vai alla festa di fine anno dell'asilo di tua figlia.