...O, nel nostro caso specifico, la furbizia è bimba.
Il nostro piccolo motorino per il moto perpetuo non si ferma un secondo: corre, salta, gioca, parla, parla, parla, parla, e soprattutto mangia.
Spesso.
E molto.
A partire dalle 18.45 (cioè a circa due ore dall'ultimo boccone di merenda ingerito) la piccola idrovora inizia a palesare rumorosamente il suo senso di fame a chiunque si trovi nelle vicinanze, generalmente la mamma, le cui orecchie, straziate dall'incessante litania "Ho fame! Ho fame! Ho fame! Ho fame!" cedono di schianto verso le 19.00 e la spingono a preparare la cena di trottols. Cena che, generalmente, viene polverizzata in una mezz'oretta di lavoro di piccole (ma capaci) mandibole.
Dieci minuti di gioco ed ecco che dalla porta rientra papà, il che, in trottolese significa cinque minuti di risate e salti sul lettone e un'altra occasione di spliluccare qualcosa dai piatti di mamma e papà nel caso in cui (praticamente sempre) i due genitori stiano mangiando qualcosa di suo gradimento.
Di fronte al diniego di produrre ulteriore cibo dei due genitori, che adducono come ragione il fatto che "tu hai appena mangiato", la piccola ha sviluppato una serie di strategie davvero imbattibili per raggiungere l'agognato pezzo di pane o il sopraffino boccone di mozzarella.
"Papà, mi dai un pezzo di pane?"
"No Giulia, te ne sei appena mangiati otto, in aggiunta alla cena"
"Mamma, pane, pane, pane!"
"No Giulia, papa ha detto di no, e anche mamma è d'accordo."
"Ah..."
Piccola nota a margine. L'univocità granitica delle posizioni genitoriali è l'unico sistema di autodifesa da trottols che funzioni veramente. La più piccola distanza tra le posizioni dei due viene infatti aperta a cuneo dalla logica incontestabile del piccolo diavoletto biondo, che ottiene così quello che vuole.
"Papà, lo senti?"
"Sento cosa, trottols?"
"E' Papo, che stava dormendo nella sua carrozzina, ma adesso si è svegliato e dice che ha fame di un pezzo di pane."
"Giulia, Papo è un peluche, non può avere fame..."
"No, facciamo per finta..."
"Ok, facciamo per finta... Vai a prenderlo e portalo a tavola."
Salto dal seggiolone, corsa in sala, prelevamento del pupazzo dal passeggino, rientro in cucina a duecento all'ora, arrampicata sul seggiolone e Papo è ora seduto sul tavolo insieme a noi.
"Ecco Papo, questo è il tuo pane..." Avvicinando il boccone di pane al peluche.
"Cosa dici Papo? Non lo vuoi più? Va bene, allora lo mangio io! Posso mampà?" E la piccola ci guarda con occhio supplichevole.
Ammirati dall'inventiva non possiamo che acconsentire, soffocando a stento le risate.
Qualche sera dopo, stessa situazione, ma Giulia ha stranamente ancora il piatto della cena davanti.
"Cosa stai mangiando papà?"
"Tortellini."
"Tortellini! Tortellini! Tortellini!"
"No, Giulia, prima finisci i pomodori e la mozzarella che hai nel piatto"
Boccone di mozzarella. Boccone di pomodoro. Boccone di pomodoro.
"Papà..."
"Cosa c'è Giulia?"
"Vedi il piatto? Adesso è un po' vuoto... C'è proprio posto per un tortellino!"
Battuti.
Ancora.
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